L'imprenditore della Felcar: Feliciano Di Giovambattista

Il Mercatino dell’Usato

L’idea di trovare un nuovo progetto che mi desse una nuova scarica di adrenalina, da condividere magari con Antonio, continuava a frullarmi in testa. L’occasione giusta si presentò nella primavera del 1995, sotto forma di una nuova attività che scovai mentre percorrevo in auto una delle strade principali di Avezzano.
Un nuovo negozio attirò la mia attenzione. L’insegna “Ping Pong” non diceva molto e così entrai. Il locale, un ampio open space di oltre 100 metri quadrati, era pieno di oggetti di ogni tipo, dai soprammobili ai vestiti, dai servizi di piatti ai giocattoli per bambini.
“Per curiosità, qui che fate?” chiesi al negoziante.
“Conto vendita” mi rispose lui.
Il mio sguardo interrogativo fu abbastanza eloquente da spingerlo a spiegarsi meglio: “In pratica la gente viene da noi e ci porta oggetti che non usa più ma che hanno ancora un valore. Quegli oggetti che ‘è un peccato buttarlo, è costato tanto, è antico, può sempre servire ad altri’, ha presente?” mi spiegò.
“Ecco, noi li valutiamo, li esponiamo, e quando li vendiamo richiamiamo il proprietario che si prende i soldi meno la nostra provvigione del 35%” aggiunse.
Lo ringraziai e cominciai a vagare per il locale cercando di rielaborare le informazioni appena ricevute. Già di per sé mi parve una buona idea, ma ragionandoci su mi resi conto che era un’idea geniale.
Oltre al considerevole vantaggio di non dover passare gran parte del tempo a cercare nuovi fornitori (perché erano gli stessi fornitori a venire in negozio a proporre la merce) e alla buona marginalità, tra i costi fissi c’era solo quello dell’affitto del locale che non aveva nemmeno bisogno di arredamento. Notai inoltre che per esporre gli oggetti più piccoli si poteva utilizzare lo stesso mobilio portato in vendita dai clienti.
In pratica era come possedere una grande scatola vuota che avrebbero pensato gli altri a riempire. Geniale!

COME NASCE UN NUOVO PROGETTO

Uscito da lì chiamai subito Antonio: “Ho scoperto una cosa fantastica” gli dissi senza nemmeno salutarlo.
“Qui ad Avezzano c’è un negozio che rivende la roba usata che i clienti portano in conto vendita, tenendosi una percentuale” proseguii.
Lui mi interruppe subito: “Aspetta, ho letto qualcosa del genere su Millionaire proprio l’altro giorno, si parlava di un nuovo franchising italiano che fa qualcosa del genere. Cerco l’articolo, aspetta!”
Misi giù la cornetta e mi fiondai a casa sua. Rovistammo tra i giornali in salotto e ben presto saltò fuori la copia della rivista, che sfogliammo frettolosamente fino a trovare il trafiletto che ci interessava. Il franchising in questione si chiamava Il Mercatino S.r.l. e la sede principale si trovava a Verona. Non sapevamo neanche cosa fosse e come funzionasse un franchising, ma il giorno dopo, io e Antonio eravamo sulla A14 in direzione Verona.
Una volta giunti a destinazione incontrammo il direttore commerciale, che ci illustrò il funzionamento del franchising. Rimanemmo così colpiti da quella presentazione che dopo una breve trattativa ci affiliammo.
Scoprimmo che il franchisor metteva a disposizione, il proprio know how, l’esperienza maturata nel settore e un software gestionale più un corso di una settimana a Verona. Inoltre si occupava anche della parte burocratica relativa al rilascio delle licenze: un gran bel vantaggio per due come noi, che in quel settore non avrebbero saputo da dove cominciare. Se avessimo voluto fare da soli ci sarebbero voluti mesi, se non anni, prima di cominciare a vendere e noi volevamo partire subito.
A me e Antonio non restò che occuparci di trovare e affittare il locale. Individuammo quello giusto nella periferia di Avezzano. Erano 500 metri quadrati e c’erano dei lavori da fare: io e Antonio ce ne occupammo di persona, passando il resto della stagione a sistemare, riparare, pulire e dipingere.

Dato che le nostre mogli erano impegnate col mercato, assumemmo una ragazza per stare alla cassa e il suocero di Antonio come magazziniere/venditore. Io e lui, a fine servizio, ci fiondavamo in negozio, o a casa dei clienti, per fare le valutazioni degli oggetti che ci venivano proposti.
Grazie al corso di una settimana fatto a Verona avevamo imparato l’importanza di dare il giusto prezzo alle cose. Una valutazione troppo alta avrebbe spaventato il potenziale acquirente, una troppo bassa avrebbe offeso il potenziale venditore, un prezzo equo avrebbe invece soddisfatto entrambi.

Il nostro era il quinto Mercatino che apriva in Italia, e, dato che eravamo tra i primi ad aver creduto nel progetto, l’azienda si dimostrò particolarmente disponibile ad accogliere le nostre richieste. Per l’inaugurazione, il presidente della Mercatino S.r.l Ettore Sole, ci procurò qualche pezzo per riempire gli spazi vuoti e ci pagò il materiale per un’azione di volantinaggio.
Finita una prima ondata di entusiasmo da parte nostra e da parte degli abitanti di Avezzano, l’interesse calò e noi ci ritrovammo a tirare la cinghia: le entrate bastavano appena a coprire le uscite. Il nostro responsabile di zona non faceva che ripeterci che facevamo troppo a modo nostro, nonostante le precise direttive impartite dal franchisor.
Noi però non cedevamo: “Voi non capite, qui è diverso, i nostri clienti hanno una mentalità più provinciale, non si possono applicare le stesse regole che seguono gli altri Mercatini nelle grandi città”.
Dopo un anno però, nonostante la passione e l’impegno che ci mettevamo, gli incassi non decollavano: capimmo che non saremmo mai riusciti a far cedere né l’azienda né gli avezzanesi. A “cedere” dovevamo essere noi.

Dato che continuavamo a credere fermamente nelle potenzialità del progetto, decidemmo di fare il grande passo e di trasferirci a Roma. Trovammo un locale seminterrato di circa 600 metri quadrati a un buon prezzo e un ragazzo fidato, Andrea, a cui affidammo il ruolo di direttore affiancandogli altre 4 persone.
Dopo la sistemazione del magazzino e una basilare formazione del personale, aprimmo.
Avevamo fretta, forse troppa, e non ci accorgemmo che la nostra attività faceva acqua da tutte le parti. Letteralmente. Ogni volta che pioveva, infatti, il soffitto gocciolava in più punti. Dopo l’ennesima lamentela il proprietario accettò di sistemare la falla.
Un venerdì pomeriggio gli operai smantellarono il soffitto e lasciarono tutto così per riprendere i lavori dopo il weekend. Quella notte piovve e il giorno dopo ci ritrovammo con la merce che galleggiava in 10 centimetri d’acqua.
Riuscimmo a salvarne e recuperarne solo una parte, che rivendemmo subito per recuperare le perdite, ma il danno fu gravissimo. Anche perché durante i lavori, una notte, i ladri irruppero nel negozio e rubarono tutti i computer.
Decidemmo di smettere di pagare l’affitto e fare causa al proprietario del locale che naturalmente, dopo qualche mese, ci sfrattò.

Non ci scoraggiammo, non ci pensammo neanche un attimo a mollare, e quella che sarebbe sembrata una lunga serie di sfortune si tramutò nella nostra più grande fortuna.
Ormai incastrati in una ruota che girava all’impazzata e dalla quale difficilmente, a quella velocità, saremmo riusciti a scendere, decidemmo di continuare a correre, e trasferimmo il Mercatino e la poca merce rimasta in un nuovo magazzino di 1.000 metri quadrati nella Garbatella.
Il nostro direttore Andrea, provato da tutte quelle disavventure, non resse il colpo e ci salutò. Lo sostituimmo con Mario, un laureato di Avezzano che, nonostante la giovane età, si rivelò ben presto ambizioso e orgoglioso, nonché provvisto dello spirito di sacrificio necessario a raggiungere i nostri obiettivi.

Il Mercatino, nella nuova location e con il nuovo direttore, cominciò piano piano a ingranare. Era il 1997 e io e Antonio avevamo finalmente cominciato a pensare in grande.
La nostra fiducia nella nuova attività fu tale che, l’anno successivo, io e Carla decidemmo di vendere la licenza del mercato e di dire addio alla bancarella che ci aveva fatto assaporare per la prima volta la bella vita e le emozioni di un business vincente.

UN “GRAZIE” DAL CUORE

In questi 23 anni ho pensato spesso a quel cartello “Ping Pong” che attirò la mia attenzione.
Scrivere questo libro è stato come ripercorrere con grande emozione un cammino denso di incontri ed avvenimenti, che avevo in qualche modo messo da parte, e che riaffiorano d’improvviso prendendo forma.
Accarezzavo da tempo l’idea di ringraziare quella persona che, seppur inconsapevolmente, aveva rappresentato uno spunto fondamentale per l’avvio della mia esperienza con i Mercatini.
Esperienza che è stata, e continua ad essere ancora oggi, fonte di grandi soddisfazioni per me e di costante crescita personale e professionale.
Come spesso accade, cerco di tramutare in fatti concreti gli avvenimenti emozionanti, così, qualche giorno fa ho ritagliato un po’ di tempo per qualcosa che ritenevo importante e rimandavo da tempo.
Ho acquistato un buon Brunello di Montalcino in un’Enoteca, ho parcheggiato l’auto proprio di fronte al famoso cartello, sono entrato nel negozio con la confezione in mano e mi sono soffermato a guardarmi intorno, non ero più entrato lì da quel lontano giorno.
Un signore mi è venuto incontro chiedendomi gentilmente se avessi bisogno di aiuto.
Gli ho mostrato il dono, spiegando che ero lì per ringraziare proprio lui. Ovviamente era una situazione decisamente insolita e il suo sguardo confuso me lo confermava. Così mi sono affrettato a tranquillizzarlo, precisando che non era mia intenzione vendergli nulla, l’intento era soltanto quello di ringraziarlo.
Ho raccontato la storia del mio dono e le sue perplessità si sono dissipate.
Abbiamo parlato a lungo di tante cose, della mia visita lì di tanti anni prima, del viaggio a Verona, di un percorso diviso con Antonio che in qualche modo è ancora al mio fianco.
Lì in quel negozio, qualche tempo fa nacque la scintilla che ha dato il via alla mia avventura con i Mercatini e di questo volevo ringraziarlo personalmente.
Il nostro è stato uno scambio di esperienze, la condivisione di un momento e di una stretta di mano che ha lasciato ad entrambi un bellissimo sorriso sulle labbra.

 

 

 

 

 

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